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Immagine del redattoreElisabetta Failla

Viaggio nell’Europa enologica. A La Palagina arrivano i vini di Romania, Moldavia e Georgia




Per il ciclo Viaggio in Europa con Burde, la rassegna dei vini di tutta Europa, giovedì 13 giugno prossimo EnoMundus APS e Trattoria Da Burde presentano a La Palagina - Dimora (Via Grevigiana, 4, Ponte Agli Stolli Fi) i vini della Georgia, Moldavia e Romania abbinati alla cucina del Valdarno e a quella tipica della regione di provenienza.


Vini in degustazione:

Moldavia Viorica de Purcari 2023

Romania Composition Rosé 2022 (Syrah)

Moldavia Romania Negru di Purcari 2019 (detto anche il vino della Regina)

Georgia Saperavi 2019 Nikoloz Winery.




Menu in abbinamento:

dall’hamBurderia : Panigacci e salame

dalla Dimora Gnocchi patate, fagioli e bottarga di Orbetello

dalla Romania Ciorba perizoare (Zuppa di carne)

dalla Romania Sarmale e peperoni crusco (Polpette nella verza)

dalla Georgia Pelamushi (Flan al succo di uva)


Se siete venuti a EnoMundus 3.0 lo scorso aprile, avrete sentito definire “emergenti” i vini provenienti dall’est Europa. Non perché siano regioni vitivinicole giovani. Al contrario, i vini che saranno degustati in questa occasione provengono da zone enologiche storiche e che oggi sono molto apprezzati anche a livello internazionale. Questo grazie anche ai giovani produttori che stanno realizzando il presente e il futuro vitivinicolo di questi paesi.


Da 6 mila anni la Romania è uno dei paesi viticoli più antichi e tradizionali d'Europa. Già il poeta greco Omero citava i vini della Tracia nell’Iliade nell'VIII secolo a.C. e lo storico Erodoto (482-425 a.C.) raccontava del commercio di vino dei coloni greci sulla costa del Mar Nero. Romania e Moldavia hanno una storia in comune che risale al 1350 quando fu fondato i Principato di Moldavia da cui derivano le attuali Repubblica di Moldova (Moldavia) e Romania.

Nel 1812, a seguito di una delle numerose guerre russo-turche, la metà orientale del principato, la Bessarabia, fu annessa all’Impero russo. Nel 1918, la Bessarabia divenne per breve tempo indipendente come Repubblica Democratica Moldava e, in seguito, si unì alla Romania. Dopo la seconda guerra mondiale, fu annessa all’URSS, di cui rimase una delle repubbliche fino al suo scioglimento nel 1991, quando il paese ha dichiarato l’indipendenza come Repubblica di Moldova (Moldavia).



La Moldavia trai primi paesi nel mondo per l’export di vino in rapporto alla grandezza del territorio nazionale, circa 34mila chilometri quadrati. L’industria vinicola è decisamente ben sviluppata e la coltivazione della vigna nel paese iniziò fin dal 600 avanti Cristo. Le botti e le bottiglie – già a partire dal 700 – venivano conservate in antiche miniere, composte da una vasta rete di gallerie sotterranee. Quelle di Mileștii Mici, a 30 chilometri da Chisinau, sono oggi le più grandi cantine di vino nel mondo e ospitano quasi 2 milioni di bottiglie.

Nonostante alcune vicissitudini che nel corso della storia portarono a bandire l’alcol, a sradicare le vigne e all’embargo, bloccando quindi la produzione e provocando ingenti perdite per il settore, oggi l’industria vinicola è un pilastro dell’economia moldava e negli ultimi anni l’export è incrementato notevolmente in particolare verso la Romania – dove è triplicato – in Polonia e Repubblica Ceca.


Se oggi abbiamo dei vini rumeni di qualità molto lo si deve alla loro storia. La viticoltura in Romania risale a circa 4.000 anni fa quando il vino era utilizzato per i riti magico-religiosi. Dopo la ritirata romana (271 d.C.) si continuò a coltivare i vigneti anche grazie all’arrivo di nuovi vitigni dal Mediterraneo. Durante il Cristianesimo (III-IV sec. d.C.) la viticoltura si espanse ovunque divenendo fondamentali nell’economia agraria. Nel 1500 la terra era di proprietà dei nobili e della Chiesa e dalla seconda metà del XVI secolo, nonostante la pressione turca, le vigne e le produzioni vinicole resistettero grazie all’esclusione del vino dagli obblighi fiscali. Successivamente, la Romania iniziò ad esportare i vini principalmente in Polonia, Ucraina, Russia e Ungheria.

In tempi più recenti la viticoltura rumena ha conosciuto diverse fasi ben distinte. Nel XIX secolo, fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, grazie ai legami stretti con la Francia, accanto ai vitigni autoctoni furono coltivati pinot grigio, pinot nero, merlot, sauvignon blanc, cabernet sauvignon, chardonnay ecc..



Dalla fine della Seconda guerra mondiale fino al 1989, come è capitato in molte altre parti del mondo, si puntò più sulla quantità piuttosto che sulla qualità. Successivamente, con la liberalizzazione dell’economia e l’entrata nell’Unione Europea nel 2007, la Romania ha riorganizzato la produzione vitivinicola investendo nuovamente sulla produzione di qualità. Grazie all’aiuto economico dei fondi europei, infatti, si è riusciti a ripopolare i vigneti e a modernizzare le cantine.

 

Secondo le testimonianze archeologiche in Georgia, situata nel cuore del Caucaso, si produceva vino già nel 6000 a.C., oltre che essere il paese di origine della Vitis vinifera.

Da millenni crocevia di popoli, incastonata nel Caucaso tra il Mar Nero e il Mar Caspio, la Georgia presenta una mappa piuttosto composita dal punto di vista ampelografico, con quasi tutta la fascia centrale del Paese coltivata a vigne. Con una varietà di 520 uve autoctone indigene – di cui "solo" una trentina utilizzate per la coltivazione – si identificano una decina di aree tra cui Kakheti, fulcro della produzione vinicola georgiana tanto da essere chiamata la “terra del vino”. Negli anni ’90 l’enologo italiano Andrea Paoletti, durante il suo soggiorno in Georgia, scoprì alcune varietà di vigneti contribuendo così alla rinascita della produzione vitivinicola e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni di questa regione.

L'antica tecnica vinicola georgiana è incentrata su enormi vasi di argilla, chiamati kvevris, ancora in uso per la fermentazione e l'invecchiamento del vino. Un particolare tipo di vinificazione che nel 2013 è stato riconosciuto come patrimonio culturale immateriale dell'Umanità dall'Unesco.



Il kvevri viene completamente sotterrato a eccezione della sommità del vaso, che viene riempito con l'uva già schiacciata e non filtrata. Si tratta quindi di un metodo ancestrale perché nel vaso viene messo a fermentare sia il mosto sia la vinaccia. Questa pratica rende i vini georgiani – e in particolare quelli del Kakheti – particolarmente tannici e di gradazione alcolica media più alta di quella europea, intorno ai 13-14 gradi. Il liquido, chiarificato, viene poi travasato in Kvevri puliti, interrati e sigillati, posti in cantine di pietra, dette marani, ricavate di norma al piano terra delle abitazioni, dove il vino rimane per mesi o per anni. Praticata è l’usanza di sigillare un’anfora alla nascita d’un figlio e di aprirla il giorno del suo matrimonio.



Vi aspettiamo il 13 giugno alle 20 a La Palagina – Dimora per conoscere più approfonditamente i cini in degustazione e i piatti tipici di queste regioni.

Prezzo: 55€ a persona - menù con vini inclusi. Per soci EnoMundus 50€ a persona - menù con vini inclusi


Prenotazione obbligatoria

Whatsapp 3669773577 

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